martedì 17 luglio 2012

Mietitura


MIETITURA.   
Dal mio diario – martedì 24 giugno del 1958.
... E’ l’alba, il sole non è ancora sorto, ma la sua luce sta scacciando il buio della calda notte, presto apparirà infuocato all’orizzonte e sarà giorno.
Cicale e grilli mandano i loro richiami, uniti a quelli di merli e passeri. Il gallo sbatte le ali e con tutto il fiato che ha in corpo manda ripetuti chicchirichì. Non c’è bisogno della sveglia del gallo per gli abitanti della fattoria.  Nella casa “al cunvent” è tutto un andirivieni di persone indaffarate. Si sentono ordini, si corre, si prendono gli attrezzi già pronti dal giorno prima.    
Oggi inizierà la mietitura del frumento, un evento importante per tutta la comunità.     
Sotto l’albero grande del frassino “frassan” alcuni uomini avevano piantato per terra  “la pianta” un grosso chiodo di ferro, con il martello, hanno battuto su quel ferro, la falce fienaia “fer da sgar” per renderla più tagliente. Le donne hanno preparato: la falce “sghet”, quello dell’insegna dei comunisti, e i “balzi” per legare i fasci di spighe di frumento “le faie”.
   Ieri alcuni mietitori hanno tagliato il frumento ai bordi del campo per permettere il passaggio dei mezzi meccanici.
Alle quattro una gran comitiva si avvia verso il biondo campo di grano. Nella rimessa “barchessa” adibita a ricovero degli attrezzi agricoli si procede a scaldare, con la bombola a gas, la camera di scoppio del Landini L25 “mutor”  con volano esterno. Il robusto mio fratello maggiore Raimondo, con un forte colpo al volano, fa partire il trattore a testa calda. Un grande fumo bianco e un intenso odor di nafta si sparge nell’aria, lenti e sempre più veloci e ritmici scoppi del motore rompono il silenzio mattutino. Mia sorella Ivana aggancia la segatrice meccanica “la sgadora” e insieme al fratello raggiungono gli altri.  Calata la barra falciante si inizia a tagliare il frumento. Con una manovra combinata l’operatore che sta sulla segatrice lascia libera una leva, tenuta dalla pressione del piede destro, poi con un largo forcone “pizza gal” lascia a terra il contenuto di una “faia” di frumento. Mio padre e mia madre sono insieme ai mietitori tutt’intorno al campo, appena transita il trattore e la segatrice, si adoperano a raccogliere il mazzo di spighe e a legarle con i balzi ricavati da un’erba lacustre “caret” che cresce sulle sponde dei fossi, viene  fatta essiccare, intrecciata a mano e annodata all’estremità. Le “faie” così prodotte vengono, delicatamente, allontanate per permettere il successivo passaggio “dal mutor e d’là sgadora”.
Il campo, a me, sembra sconfinato. Giallo e luccicante. Sono poco più alto delle spighe. Sento l’odore della paglia appena tagliata, cammino a piedi scalzi tra le “stoppie”. Vedo in aria le rondini che con volo radente cacciano qualche insetto, coccinelle “buarine”.  La grande distesa di frumento è interrotta solo dalla lunga fila di pioppi  “piope” dalle verdi chiome che stanno ai lati di uno stradone, che collega la fattoria  alla strada principale. L’alba è azzurrognola e l’aria è ancona fresca. Tutto il campo brulica di gente che segue il trattore e la segatrice, ognuno lavora con allegria e sveltezza, si fanno prove di forza, sembra non facciano fatica ad affastellare i covoni “crusete”.   Il sole è già alto, la lunga ombra dei pioppi si è ritirata vicino alla pianta, la polvere, secca la gola. Un ragazzino “fiol” con una sporta di paglia e due fiaschi, uno d’acqua preso alla pompa ed uno di vino annacquato, porge, ai mietitori perché ne bevano “ un mescul parchè iè sedià”.
Alle sette è finito il primo turno “quart” di lavoro ci si ferma per fare colazione “cazion” tutti mostrano gran appetito “sghissa”. Il bovaro “buar” fa abbeverare  “ all’albi” i buoi e con la frusta “scùria” aveva fatto sentire un paio di schiocchi in aria per ottenere la loro attenzione.
 I ragazzini giocano all’ombra “mussa, puli scena baccalà, maghin, s’cianco, lipa, cut”.
Si torna ad affilare i ferri del mestiere.
 Sul campo di frumento, la domenica delle palme, mio padre ci aveva piantato una semplice croce di legno, formata da due bastoncini di salice, con legato un rametto d’ulivo per scongiurare la grandine. Analoga operazione faceva mia nonna Matilde - bruciava alcune foglie d’ulivo benedetto quando i temporali minacciavano grandine (i più pericolosi –dicevano- provenivano dal Garda).  La mietitura non si doveva mai iniziare di venerdì, chi iniziava in quel giorno rischiava di non finirla.
Ora tutto il taglio si è completato, sul campo i covoni di “faie” raccolte a croce stavano lì come guardiani silenziosi del campo, in testa un’ ulteriore fascio “al gal” che nell’ombra della sera prendeva sembianze  umane. Stavano fermi pronti per essere caricati e portati, con carro e buoi, nel grande cortile per la trebbiatura.  L’indomani alcune donne, con i figli minori, sarebbero andate nel campo a spigolare (spigar).
…..Me ne andavo al mattino a spigolare Quando ho visto una barca in mezzo al mare: Era una barca che andava a vapore, E alzava una bandiera tricolore. ….“ricordi di scuola”.
Le spigolatrici portavano un sacco di tela legato ai fianchi, curve sul terreno prendevano le spighe cadute a terra durante la lavorazione di mietitura. Stendevano le spighe sull’aia le battevano con apposito attrezzo: due legni legati tra di loro da una pelle essiccata  di anguilla “varzela”. Per dividere il frumento dalla pula, lanciavano a ventaglio frumento e pula, con una pala, contro vento. Il frumento più pesante andava lontano e la pula restava dietro.
  Ed ecco là in fondo allo stradone una grossa macchia rossa che avanza, tutti i ragazzini saltellano felici e per vedere meglio si arrampicano sui rami del frassino. Davanti un fumante trattore lentamente la traina.   E’ la trebbia “Orsi” seguita dalla pressa “l’imballadora”.  A me l’imballatrice ha sempre fatto paura, con la sua ritmica ed inesorabile bocca di coccodrillo spingeva la paglia uscita dalla trebbia con forza dentro ad una corsia di forma rettangolare dove uno stantuffo la pressava. Ai lati due persone che si tenevano coperti, bocca e naso, dalla polvere con un fazzoletto legato al collo, legavano con il fil di ferro le balle di paglia "inguciar". Era compito di noi bambini attorcigliare e tirare il fil di ferro. Due operai con due  legni “angun” le portavano sul pagliaio “balara” dove noi ragazzini correvamo sopra e ci lanciavano al volo su cumuli di paglia.
 La trebbia veniva sistemata al centro del cortile. Il meccanismo veniva fatto funzionare da un trattore sistemato ad una decina di metri. Il collegamento tra le pulegge avveniva attraverso una grossa cinghia “zangion”.  Dalla parte alta gli uomini facevano entrare le “faie”, appositi setacci separavano il frumento dalla pula e dalla paglia. Forti uomini si caricavano i sacchi di frumento ed andavano a svuotarli sull’aia ad una ventina di metri. Il cumulo di frumento “mota” veniva successivamente disteso al sole per la finale essiccatura. La sera era di nuovo accumulato e coperto da un telo “tlon”. La notte si faceva la guardia per la paura di furti. Quand’era disteso toccava a noi bambini girarlo e rigiralo "spatzaz" con i piedi: erano giorni belli e giocosi, quanti “tuffi” sui cumuli di frumento. La sera pieni di polvere si andava nel canale di scolo a fare il bagno nell’acqua, a quel tempo, pulita.
Dopo qualche giorno di sole il frumento è pronto per il granaio. Mio padre (come l’uomo del monte) aveva affondato il braccio nel cumulo, preso una manciata e fatto scorrere tra le dita, ne aveva schiacciato, con i denti, alcuni chicchi. A voce alta aveva detto: “è pronto” . Il capo dei contadini prendeva una grossa pala “palon” e riempiva lo staro, circa 25 kg. Tre stari per ogni sacco. Caricato il sacco sulle spalle si saliva una scala fino al granaio  al secondo piano.
La sera, stanco mi sono addormento in braccio a mia madre.
Durante la guerra il grano era razionato e non lo si poteva commerciare o trasportare liberamente.
Mi raccontava Ahtos che, mentre trasportava con biroccio “buroz” e cavallo dei sacchi di frumento fu fermato da due carabinieri i quali gli chiesero cosa trasportasse. Con molta calma e indifferenza rispose: “smenza ad paia” e non disse “frumento”, che è la stessa cosa. Le guardie non compresero e lo lasciarono
passare.
                                                                                                                                      FerMala

domenica 15 luglio 2012

Olio essenziale

Ieri siamo andati alla raccolta della lavanda. Ho visto come si ricava l'olio essenziale.
Un olio profumatissimo ed è un vero tocca sana.  L'ho visto fare ed ho voluto copiare.
Ho preso una pentola a pressione, un tubo di rame, a due bottiglie di vetro ho tagliato, ad una il fondo, all'altra il collo e inserite una dentro l'altra.  Nella pentola ho messo, un litro d'acqua, inserita una griglia cuoci verdure per tenere sopra l'acqua i fiori di lavanda. Un fornello elettrico per produrre calore, dopo una decina di minuti inizia la distillazione, dalla serpentina esce un composto di acqua e olio l'acqua esce dal fondo in superficie resta l'olio essenziale. Si preleva con con una siringa e si mette in un piccolo contenitore con dosatore di vetro scuro. "è profumatissimo".
n.b. in erboristeria sarebbe costato molto meno.

sabato 7 luglio 2012

Kiwi - strage




Ho finito di diradare il kiwi. (varietà hajward)
Una strage di frutti, non conformi a quanto richiede il mercato. 
I frutti piccoli, deformi, appiattiti sono stati recisi e lasciati a terra. 
I rimasti avranno più spazio per crescere, belli forti dolci per deliziare il palato e... l'occhio.
Il kiwi è il frutto, delizioso, dell'actinidia, pianta dioica.
E' di origine cinese, dove cresce spontanea nella valle del fiume azzurro.
Il nome kiwi è stato dato dai neozelandesi che hanno preso spunto dall'uccello che vive e rappresenta la Nuova Zelanda.

mercoledì 4 luglio 2012

Porta l'"angoria"


 L'anguria o cocomero (Citrullus lanatus) famiglia delle cucurbitaceae è un frutto estivo che si gradisce fresco e in compagnia.
Vi presento uno dei miei "inutili" attrezzi il  porta  l' "angoria" 
... Tu porta l'anguria che ..... con un attrezzo così sarà più gustosa.

venerdì 29 giugno 2012

Raccogli fichi

Semplice ed utilissimo attrezzo, fatto in casa, per raccogliere i fichi più alti.

p.s. ... fate entrare il fico, da cogliere, nel barattolo dentato, spingere verso l'alto sino a quando il picciolo  entra nei denti taglienti, far girare e il fico si stacca.

mercoledì 27 giugno 2012

Fichi, beccafichi, S.G.B.

Ficus carica
Fichi fioroni
E' stagione di fior di fico le notti calde favoriscono la produzione dell'infiorescenza carnosa del fico.
Resiste bene alla siccità e ai terreni salsi e incolti, in particolare come apparato radicale di una pianta da clima semidesertico, le radici sono molto invasive, per cercare l'acqua possono penetrare negli scantinati e tubature. È una delle poche piante da frutta che resista senza problemi a climi aridi. D'inverno sopporta temperature attorno ai 10 gradi C°.


Beccafico (sylvia borin).  Ho notato che i fioroni piacciano anche a questo uccello dal delizioso canto. 

Il 24 giugno è il giorno di San Giovanni Battista. 
Da questa data (decollazione di S.G.B.)  si possono raccogliere le noci per preparare il nocino, tagliare le spighe di lavanda per essiccarle e confezionare sacchetti, raccogliere la menta ..... e tante altre operazioni di taglio.

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Gazebo




Eseguito con la supervisione di mio figlio, che ha imposto l'architettura.
Utilizzati solo materiali di recupero e riciclati.
Lo stile non è ben definito, ma è funzionale.
"amici vi aspetto, quest'estate, a godere della frescura e della mia ospitalità"

lunedì 25 giugno 2012

Croce madreperla


Croce latina con forme di madreperla da conchiglie di fiume e di mare.
numeri:  4 – 7 – 12.
gli evangelisti, … i colli di Roma, ... gli apostoli.
Al centro il disco di madreperla da ostrica di mare.
 … il mare alimenta, (al contrario), i fiumi, i piccoli ruscelli, la singola goccia d’acqua, che è ognuno di noi.

seguo il giorno
che cammina,
incantato
dai suoni,
dalle luci,
dai colori,
dai riflessi.
Ho tutto.




Erzberg (amico, sbadato, sfigato)








Erzberg 2012 (Austria)
L’amico, lo sbadato e lo sfigato.
    Quando andavo a scuola e il prof. mi leggeva l’inferno di Dante, lo avevo immaginato come un grande imbuto. Una serie di cerchi che degradavano verso il fondo sempre più stretto ed ora ecco che, quell’immagine, mi appare dinnanzi … è la cava di ferro di Erzberg in Austria, scenario unico  al mondo per una durissima gara di enduro.
   E’ uno spettacolo unico che mi si è aperto agli occhi quando, dopo aver sostato la notte sul camper, fuori dalla cava, sono entrato, insieme ad una lunga fila di mezzi di ogni genere: caravan, camion, furgoni, fuori strada  ed altro ancora, tutti adibiti a trasporto moto da cross enduro con rider (piloti) a bordo. La notte era stata un susseguirsi di pioggia e di conversazioni telefoniche con gli amici che erano arrivati entro le 22, l’ora stabilita per accedere alla “collina” ed accamparsi per i quattro giorni del rodeo. Alle sette in punto, non un minuto di meno, la guardia, posta sull’incrocio che dava alla cava, ha iniziato a far transitare i mezzi. Il fango rosso scendeva con l’acqua dalla ripida strada sterrata che dava accesso alla collina. Tutti hanno fretta di raggiungere il loro posto per piazzarsi e sostare. Il nostro era stato recintato dai tre amici che erano entrati il giorno prima. Una decina di manovre per trovare il posto giusto: quattro camper, due di fronte ad altri due e tutti e quattro ad una distanza ravvicinata dai cessi. I cessi ogni quattro ore venivano svuotati da apposita cisterna mobile e l’odore, non certo buono, ti restava nell’aria per una decina di minuti.
Il giovedì si passa alla punzonatura delle moto, all’assegnazione dei numeri di gara e del transponder.  Venerdì mattino di buon ora tutti svegli, si fa colazione e ci si appresta alla vestizione dei piloti, poi tutti giù a prendere il via al cancello di partenza: ne parte uno ogni 10 secondi.
   La giornata è calda, le nuvole hanno lasciato il posto ad un sole caldissimo. Ci mettiamo  ai bordi della pista con macchine fotografiche. La gara inizia e insieme alle moto arriva la polvere di terra rossa che un lieve venticello spinge sopra di noi ed entra nelle nostre  narici, la polvere si accumula sulle facce e dopo pochi minuti sembriamo come truccati con il mascara. Dentro le narici si formano dei sassi che, dita esperte, di tanto in tanto entrano a liberarle… Quando il vento cambia e spinge oltre la polvere arriva l’odore delle pisciate fuori dal bagno che un po’ tutti fanno.  IL paddock è un campo multinazionale, tutti intenti agli ultimi dettagli per la messa a punto delle moto. Tutte le nazioni d’Europa sono rappresentate, si leggono sui numeri di gara nomi stranieri e nazioni anche d’oltre oceano. Ogn’uno si è ritagliato un piccolo spazio vitale. Siamo prigionieri dei mezzi del vicino come nel gioco dello shangai, non ci si può muovere se qualcuno non ti dà spazio. La sera è tutto un brulicare di fuochi accesi per la carne alla griglia.
    Siamo accampati a più di un chilometro dall’arena, da dove partono i piloti, con un dislivello di almeno trecento metri. “l’ho fatta un paio di volte e per poco non mi scoppiava il cuore” La pista, della grande montagna, arriva fino a 1.466 metri d’altezza, sul fondo dell’enorme imbuto un laghetto di acqua verde rame. I piloti partecipanti sono più di 1850.   Un raduno “biblico” che non ho mai visto di simile in vita mia. Sarà una gara durissima, dicono, “la più dura del mondo” e solo 500 dei 1850 iscritti potranno partecipare alla gara della domenica.
   Si parte per i due prologhi (Iron Road Prologue) del venerdì e del sabato. Una gara cronometrata sui 13 km circa. Bisogna andare forte tra i sassi, la ghiaia, la polvere e buche d’acqua che ancora persistono sulla pista dalla pioggia del giorno prima.
Come già detto, mi sono sistemato sul bordo della pista su ad una collina del materiale di scarto della cava: sassi e ghiaia. La distanza è tale che non si distinguono i motocrossisti, ci sarebbe voluto un cannocchiale. Scruto l’orizzonte per identificarli da qualche particolare, è difficile non scorgo nessuno. La macchina fotografica è pronta, faccio zumate inutilmente, non mi resterà nessuna foto.
   Qui inizia il mio personale e “tranquillo week end di paura”. Non ho visto passare Murdock 741, mentre altri due amici, Ronca 31 e Ghergio, alzano il braccio e salutano.
Lo sapevo, “lui” pensa alla gara, non vuole distrarsi per potersi piazzare tra i 500 e non vuole perdere tempo a salutare. Ha piazzato la telecamera sul casco per filmare il percorso. Dopo una buona mezz’ora arrivano tutti al paddock: lui no!  Mi dicono che ha rotto la moto era davanti a loro e quando lo hanno raggiunto ha fatto loro segno di proseguire senza fermarsi, era in piedi e stava bene.  Fingo impassibilità, ma ho una stretta allo stomaco. Passano i minuti, poi le ore e non arriva al campo. Ghergio, il biondo, è incavolato perché a poche centinaia di metri dall’arrivo ha sbagliato percorso, si è perso nella pista e non ha concluso la prova (sbadato).
Cerchiamo di avere informazioni dagli organizzatori, “i crucchi” non sanno niente, non si capisce niente, sono intenti a controllare, ma non danno informazioni. Vado su e giù dalla collina, una fatica boia, il sole spacca le pietre, l’afa e il caldo insopportabili.
Mezzogiorno. Non si sa ancora niente, chiediamo alla croce rossa, ma non hanno fatto ricoveri all’ospedale. Alle 13 vedo salire uno stralunato essere umano tutto sudato, una goccia per ogni poro, rosso cotto dal sole che avanza con passo lento ed incerto. Il cuore riprende a battere regolarmente. “Ho sbiellato” dice e chiede acqua,  la moto è a circa 5 chilometri, i commissari di gara non lo lasciavano andare.   Con gli amici nel tardo pomeriggio recupera la moto. Per lui l’Erzberg è finito.  Serata di imprecazioni e sfottò  addolcite da una buona salsiccia alla brace, vino clinton e birra. La mattina del sabato le nuvole coprono il cielo sulla pista e ora fa freddo. Uno dei suoi amici, Ronca 31 (amico), insiste per farlo correre al posto suo con la sua moto e con la sua identità. Murdock 741 è perplesso, ma alla fine accetta volentieri. Piove, mi copro con la cerata e ombrello. Sono ben appostato, ho chi mi farà il segno quando partiranno gli amici.   Una grossa nuvola copre la montagna, scende una nebbia fitta come quelle del Polesine. La gara viene annullata.    Restano validi i tempi del giorno prima. (Sfigato).
   “Non può finire così, vogliamo ritornare ancora ad Erzberg per la rivincita”.
   I tre non hanno vinto nessun premio e allora gliene ho confezionato uno per ciascuno con i sassi prelevati dalla cava di Erzberg.
L’amico(friend), lo sbadato(careless) e lo sfigato(unlucky).



sabato 16 giugno 2012

Lavanda



LAVANDA e lavandini
Nella foto due delle tre specie che posseggo.
Siamo nel periodo di maggior fioritura della lavanda e dei suoi ibridi “lavandini”.        .    
Il nome "lavanda" deriva dal fatto che questa specie era molto utilizzata  per “lavare” il corpo.
E’ una pianta che cresce spontanea nel sud d’Italia, preferisce terreni aridi e sassosi. I fiori di un azzurro pallido sono profumatissimi. Spesso le api vi fanno visita per raccoglierne il nettare. La sera strofinatevi dei fiori sul corpo, avrete meno possibilità di essere punti dalle zanzare.  Raccogliete i fiori, lasciateli asciugare all’ombra, poi confezionate dei piccoli sacchetti di stoffa da posizionare tra la biancheria, il suo delicato profumo vi accompagnerà per tutto l’inverno. La lavanda è l'elemento base per la preparazione dei pot-pourri per profumare la casa.
Esistono una cinquantina di specie di lavanda. A fine fioritura si deve potare eliminando gli steli fioriferi e cimare le piante.
“Percepire l’essenza dei colori, dei profumi  può far bene all'anima, perché è vita”.

martedì 5 giugno 2012

Ciliegie

Tanti piccoli cuoricini rotondi, rossi e dolci.
Tante, troppe ciliegie e poche foglie, il risultato sono frutti piccoli e poco succosi.
La ciliegia ha proprietà simili all'aspirina, ideale per tener lontano l'infarto.
Anche le ciliegie hanno il loro santo protettore è S. Gerardo dei Tintori si festeggia il 6 giugno a Monza.

sabato 12 maggio 2012

Actinidia fiori


E' iniziata la fioritura dell'actinidia chinensis (kiwi) varietà hayward. Prima i rami che sentono maggiormente il caldo delle belle giornate di maggio poi, in pochi giorni, anche tutti gli altri fiori sbocceranno e stenderanno il loro mantello bianco panna sotto le verdi e larghe foglie.
Il kiwi è una pianta dioica devono esserci piante femminili e maschili, almeno un maschio ogni sette femmine. I fiori femminili si distinguono perché sono disposti con spazi tra di loro, quelli maschili a grappolo. La pianta femminile va potata in inverno, mentre quella maschile dopo la fioritura a fine primavera (giugno).
Per l'impollinazione sono necessari gli insetti pronubi, le api, i bombi, ed altri insetti che portano il polline da fiore a fiore. Il polline del kiwi è molto secco e le api in genere non gradiscono perché difficile da accumulare sulle zampette posteriori. Un altro elemento che aiuta l'impollinazione è il vento che trasporta il polline dal maschio a femmina. Chi ha poche piante può usare il cotton fioc facendolo passare con delicatezza tra i fiori maschili e poi portarlo su quelli femminili.
Per una buona pezzatura del kiwi è necessaria una buona impollinazione.
I fiori emanano un delicato profumo.

Foto in alto fiori femminili, in basso fiori maschili.

martedì 1 maggio 2012

Cock coque



Portauovo alla coque.
Da un viaggio in Giappone, fatto ormai da oltre un decennio, ho portato delle radici di canna di bamboo. Tagliate, fatte essiccare e in prossimità del nodo ho ricavato dei simpatici pota uovo adatti per gustare salutari uova alla coque o cock. Cock è il rumore che si sente quando batti con il cucchiaio ... cock cock... sul guscio dell'uovo per romperlo.

Ricetta: Prendete un tegamino pieno d'acqua, portatela a bollitura, lasciate scivolare l'uovo e lasciatelo in acqua bollente per tre minuti.  L’uovo alla coque è adatto per tutti coloro che non vogliono rinuncia ad assaporare un gusto naturale.Toglietelo e servitelo su al portauovo coque di FerMala.

venerdì 27 aprile 2012

Martello per Giuliana & Giorgio


Martello in marmo, richiesto da Giuliana per batterlo in testa al marito Giorgio quando fa i capricci.

martedì 24 aprile 2012

Aquilone - vulandra







Complice una schiarita con sole e forte vento e ... siamo tornati bambini tutti e tre: padre e due figli maggiorenni con la voglia di costruire e innalzare un aquilone.
Qualche bastoncino leggero e la carta dell'uovo di cioccolato ecco costruito un aquilone e come il poeta Pascoli anche il nostro
... Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.
S'inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.
S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo
petto del bimbo e l'avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla
lassù lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... 

giovedì 19 aprile 2012

Pioggia benedetta





Piove ormai da un po' di tempo, di acqua la terra ne ha ancora bisogno. Fa freddo e le piante crescono lentamente. Io dovrei togliere i fiori laterali del kiwi, (foto 1 e 2 prima e dopo). per fare in modo che il fiore e frutto poi possa svilupparsi maggiormente.
E' un lavoro di pazienza, delicato e abbastanza noioso, quest'anno poi i tripli fiori sono in misura maggiore degli altri anni, pazienza e coraggio.
Le ciliegie hanno legato e promettono bene.
....per ora attendiamo che la primavera arrivi, mentre osserviamo il bel colore verde delle piante.
 














lunedì 16 aprile 2012

Fragole


I fiori delle fragole sono sbocciati  .. attendono gli insetti pronubi, mentre le api continuano ad essere assenti.

Il bacio della pioggia

Finalmente la pioggia e allora che cosa c'è di meglio che andare nella casetta laboratorio per ascoltare le gocce cadere sul tetto?   Mentre si ascolta il bacio della pioggia, si inganna il tempo costruendo.
1) sgabello per appoggiare i piedi quando, seduti sulla poltrona, si legge un buon libro.
2) martello in marmo bianco, servirà alla prossima Pasqua per romper le uova di cioccolato.
3) Anche le giovani zucche attendevano la pioggia ...sono pronte per la messa a dimora.

mercoledì 28 marzo 2012

Ciliegi


Ecco due esempi di innesti.
La prima foto rappresenta un fallimento. E' una pianta di oltre 20 anni che mi ostino a tenere, mi dicono tutti che è un bell'albero fiorito, ma poi di ciliegie solo qualche decina regolarmente preda di merli e storni.
La seconda foto rappresenta un successo. E' una pianta di 5 anni e ogni primavera copre i suoi rami di bianchi fiori che poi diventano rosse ciliegie. La maturazione avviene quando gli uccelli, sazi delle ciliegie precoci, cercano altri frutti da castigare.

giovedì 22 marzo 2012

innesto a triangolo

Io lo faccio così come me l' hanno insegnato. Non voglio insegnare niente a nessuno. Attenzione ci sono innesti che poi daranno frutti e altri solo fiori e foglie. Tutto questo su richiesta del mio amico T.B. "che è già bravo di suo".
1) Forbice. coltello, rafia, mastice o nastro autoagglomerante.

2) preparare il portainnesto e l'innesto (marza) con tagli a triangolo
3) appoggiare la marza al portainneso e legare stretto con rafia o nastro autoagglomerante





4) Massimo tre gemme, tagliare tutti i rametti del portainnesto.

5) un innesto del 2011(ciliegio)

6) il risultato sarà un albero da frutta in fiore 




mercoledì 21 marzo 2012

Rondini a primavera

Vi ho visto partire l'autunno scorso.
Vi ho visto sostare sui fili della luce come note di un pentagramma musicale,
Vi ho aspettato per tutto l'inverno, immaginandovi volare in paesi caldi.
Non vi ho visto il giorno di San Benedetto dove dovevate essere sotto il tetto.
Perché tardate ad arrivare?
Gli albicocchi, i prugni, i ciliegi e i peschi sono in fiore. I verdi piselli fanno capolino dalla crosta del terreno arrido: qui non piove da mesi. Ho praticato due innesti di albicocca e ho messo a dimora altre piante da frutto.
Ho iniziato ad irrigare l'actinidia e i meli. I bulbi dei tulipani stanno andando a fiore.
La primavera è sbocciata, speriamo che aprile mantenga le promesse... "ad aprile ogni giorno un barile".

domenica 19 febbraio 2012

Ancora sule api

Primi giorni di aprile di qualche anno fa .... quand'ero apicoltore.
"La regina con le 13 ancelle ... le indicano la cella dove deve posare l'uovo".


Incredibile! è bastato un raggio di sole, in questo rigido inverno 2012, per vedere ancora una volta le api uscire dall’arnia. Attive attorno all’alveare per le normali pulizie. Incredibilmente si vedono api tornare all’alveare con le cestelle piene di polline, ma dove saranno andate a prenderlo? Quello di febbraio è il mese per la stimolazione dell’alveare, ma attenti, apicoltori,le previsioni sono per un marzo ancora molto freddo.
Le api sono insetti che si adattano molto alla temperatura dell’ambiente. Loro non sentono la differenza  tra il caldo e il freddo. Escursioni di temperature che vanno da più 50° a più 10° non le mettono in difficoltà. Resta inteso che favorisco temperature miti a quelle rigide.
Sembra incredibile come riescano a mantenere all’interno della loro casetta temperature costanti attorno ai 35° in qualsiasi stagione.  Con il propoli chiudono ermeticamente tutti i fori del tetto così che il calore prodotto non si disperda.  Le api, al sopraggiungere del freddo si riuniscono al centro dell’arnia e formando il glomere: una palla di api disposta su tutte e due le parti dei telaino, dall’alto verso il basso occupando lo spazio rivolto a sud-est dove, eventuali raggi di sole invernale possano portare un po’ di tepore. Il calore viene prodotto dal loro movimento e continuo scambiarsi di posto dall’esterno all’interno del glomere. Temperature troppo fredde fanno morire le api, non di freddo ma di  fame, perché non riescono a nutrirsi anche se nell’alveare abbonda il miele.
Gli apicoltori non fanno visite invernali per mantenere ben chiusa l’arnia .


P.S. Ho un paio di amici che continuano la nobile arte dell’apicoltura, ho chiesto di inserire una sonda termica, appena sotto il coperchio dell’arnia, per verificare le temperature estiva e invernale.
E’ una mia curiosità, se chi mi legge lo ha fatto, sarei curioso di conoscerne i risultati. Grazie.

mercoledì 15 febbraio 2012

Cantinetta verticale

Porta bottiglie formato da tre volte il numero perfetto di tre, in totale custodisce nove bottiglie. In alto andranno messi tre vini rossi di più alto invecchiamento, al centro tre vini rosati o rosso giovane e in basso tre bottiglie di vino bianco. Questa disposizione è consigliata in funzione della  temperatura ambiente, che è più alta verso l'alto e man mano che si scende è più fresca tale da mantenere il vino alla temperatura più vicina a quella di servizio.
Questo porta bottiglie mantiene il tappo non a contatto del vino e permette ad eventuali depositi di raccogliersi sul fondo.
L' "opera" è unica realizzata su richiesta di E.& D. 

mercoledì 8 febbraio 2012

Casa mia

A casa mia c’è una casa bianca come le nuvole e azzurra come il cielo.
A casa mia c’è l’armonia da sempre e spero non ci abbandona mai.
A casa mia c’è un prato verde dove correvamo insieme ai nostri figli .
A casa mia c’è un cielo grande che per quanto tu lo guardi è sempre diverso. A casa mia qualsiasi cosa tu ci vuoi vedere  la trovi: luce, azzurro, nuvole, luna, sole, nebbia, uccelli, scie di aerei che vanno all’infinito e altro ancora.
A casa mia ogni giorno ci sono un’alba e un tramonto sempre diversi.
A casa mia c’è un glicine molto bello e lungo, sembrano due braccia distese,  quando è in fiore emana un delicato profumo tutt’intorno.

A casa mia c’è un parco grande con varie piante che mi tengono compagnia  con la frescura,  la frutta, le viole, le margherite, le rose e tanti fiori colorati.
A casa mia, ad est, c’è una grande siepe, oltre all’orizzonte un bosco di pioppi da dove, ogni mattino,  spunta il sole.
A casa mia ci sono sempre nuove immagini, reali o fantasiose, che mi girano nella testa, attraversano gli spazi e sembrano muoversi con la brezza tiepida che muove le fronde.
A casa mia, a volte, il vento spinge le foglie secche sul terreno e il loro suono riecheggia. Cerco tra quei suoni una voce, una luce, che mi attraversi.
A casa mia si muove la magnolia con le sue larghe foglie verdi e con i profumati  bianchi fiori. Sembra gradire la carezza del vento anche i ginkgo biloba  del viale alberato.
A casa mia un nuovo giorno inizia ogni mattina. Mi sveglio con intorno un mondo agitato. Tutti corrono, io me ne sono scordato. Poi tutti se ne vanno e resto solo nella mia casa bianca e blu con i suoi colori a respirare i suoi profumi. Il mio pensiero se ne va cercando un’immagine  come fosse una rosa, una rosa senza età.
A casa mia, c'è la mia casa.
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