Erzberg 2012 (Austria)
L’amico, lo sbadato e lo sfigato.
Quando andavo a
scuola e il prof. mi leggeva l’inferno di Dante, lo avevo immaginato come un
grande imbuto. Una serie di cerchi che degradavano verso il fondo sempre più
stretto ed ora ecco che, quell’immagine, mi appare dinnanzi … è la cava di
ferro di Erzberg in Austria, scenario unico
al mondo per una durissima gara di enduro.
E’ uno spettacolo unico che mi si è
aperto agli occhi quando, dopo aver sostato la notte sul camper, fuori dalla cava,
sono entrato, insieme ad una lunga fila di mezzi di ogni genere: caravan,
camion, furgoni, fuori strada ed altro
ancora, tutti adibiti a trasporto moto da cross enduro con rider (piloti) a
bordo. La notte era stata un susseguirsi di pioggia e di conversazioni
telefoniche con gli amici che erano arrivati entro le 22, l’ora stabilita per
accedere alla “collina” ed accamparsi per i quattro giorni del rodeo. Alle
sette in punto, non un minuto di meno, la guardia, posta sull’incrocio che dava
alla cava, ha iniziato a far transitare i mezzi. Il fango rosso scendeva con
l’acqua dalla ripida strada sterrata che dava accesso alla collina. Tutti hanno
fretta di raggiungere il loro posto per piazzarsi e sostare. Il nostro era
stato recintato dai tre amici che erano entrati il giorno prima. Una decina di
manovre per trovare il posto giusto: quattro camper, due di fronte ad altri due
e tutti e quattro ad una distanza ravvicinata dai cessi. I cessi ogni quattro
ore venivano svuotati da apposita cisterna mobile e l’odore, non certo buono,
ti restava nell’aria per una decina di minuti.
Il giovedì si passa alla punzonatura delle moto, all’assegnazione dei numeri di
gara e del transponder. Venerdì mattino
di buon ora tutti svegli, si fa colazione e ci si appresta alla vestizione dei
piloti, poi tutti giù a prendere il via al cancello di partenza: ne parte uno
ogni 10 secondi.
La giornata è calda, le nuvole hanno
lasciato il posto ad un sole caldissimo. Ci mettiamo ai bordi della pista con macchine
fotografiche. La gara inizia e insieme alle moto arriva la polvere di terra
rossa che un lieve venticello spinge sopra di noi ed entra nelle nostre narici, la polvere si accumula sulle facce e
dopo pochi minuti sembriamo come truccati con il mascara. Dentro le narici si
formano dei sassi che, dita esperte, di tanto in tanto entrano a liberarle…
Quando il vento cambia e spinge oltre la polvere arriva l’odore delle pisciate
fuori dal bagno che un po’ tutti fanno. IL paddock è un campo multinazionale, tutti
intenti agli ultimi dettagli per la messa a punto delle moto. Tutte le nazioni
d’Europa sono rappresentate, si leggono sui numeri di gara nomi stranieri e
nazioni anche d’oltre oceano. Ogn’uno si è ritagliato un piccolo spazio vitale.
Siamo prigionieri dei mezzi del vicino come nel gioco dello shangai, non ci si
può muovere se qualcuno non ti dà spazio. La sera è tutto un brulicare di
fuochi accesi per la carne alla griglia.
Siamo accampati a più di un
chilometro dall’arena, da dove partono i piloti, con un dislivello di almeno
trecento metri. “l’ho fatta un paio di volte e per poco non mi scoppiava il
cuore” La pista, della grande montagna, arriva fino a 1.466 metri d’altezza, sul
fondo dell’enorme imbuto un laghetto di acqua verde rame. I piloti partecipanti
sono più di 1850. Un raduno “biblico”
che non ho mai visto di simile in vita mia. Sarà una gara durissima, dicono,
“la più dura del mondo” e solo 500 dei 1850 iscritti potranno partecipare alla
gara della domenica.
Si parte per i due prologhi (Iron Road Prologue) del venerdì e del
sabato. Una gara cronometrata sui 13 km circa. Bisogna andare forte tra i sassi,
la ghiaia, la polvere e buche d’acqua che ancora persistono sulla pista dalla
pioggia del giorno prima.
Come già detto, mi sono sistemato sul bordo della pista su ad una collina del
materiale di scarto della cava: sassi e ghiaia. La distanza è tale che non si
distinguono i motocrossisti, ci sarebbe voluto un cannocchiale. Scruto
l’orizzonte per identificarli da qualche particolare, è difficile non scorgo
nessuno. La macchina fotografica è pronta, faccio zumate inutilmente, non mi
resterà nessuna foto.
Qui inizia il mio personale e “tranquillo week
end di paura”. Non ho visto passare Murdock 741, mentre altri due amici, Ronca
31 e Ghergio, alzano il braccio e salutano.
Lo sapevo, “lui” pensa alla gara, non vuole distrarsi per potersi piazzare tra
i 500 e non vuole perdere tempo a salutare. Ha piazzato la telecamera sul casco
per filmare il percorso. Dopo una buona mezz’ora arrivano tutti al paddock: lui
no! Mi dicono che ha rotto la moto era
davanti a loro e quando lo hanno raggiunto ha fatto loro segno di proseguire senza
fermarsi, era in piedi e stava bene. Fingo impassibilità, ma ho una stretta allo
stomaco. Passano i minuti, poi le ore e non arriva al campo. Ghergio, il
biondo, è incavolato perché a poche centinaia di metri dall’arrivo ha sbagliato
percorso, si è perso nella pista e non ha concluso la prova (sbadato).
Cerchiamo di avere informazioni dagli organizzatori, “i crucchi” non sanno
niente, non si capisce niente, sono intenti a controllare, ma non danno
informazioni. Vado su e giù dalla collina, una fatica boia, il sole spacca le
pietre, l’afa e il caldo insopportabili.
Mezzogiorno. Non si sa ancora niente, chiediamo alla croce rossa, ma non hanno
fatto ricoveri all’ospedale. Alle 13 vedo salire uno stralunato essere umano
tutto sudato, una goccia per ogni poro, rosso cotto dal sole che avanza con
passo lento ed incerto. Il cuore riprende a battere regolarmente. “Ho
sbiellato” dice e chiede acqua, la moto
è a circa 5 chilometri, i commissari di gara non lo lasciavano andare. Con gli amici nel tardo pomeriggio recupera
la moto. Per lui l’Erzberg è finito. Serata di imprecazioni e sfottò addolcite da una buona salsiccia alla brace,
vino clinton e birra. La mattina del sabato le nuvole coprono il cielo sulla
pista e ora fa freddo. Uno dei suoi amici, Ronca 31 (amico), insiste per farlo correre al posto suo con la sua moto e
con la sua identità. Murdock 741 è perplesso, ma alla fine accetta volentieri.
Piove, mi copro con la cerata e ombrello. Sono ben appostato, ho chi mi farà il
segno quando partiranno gli amici. Una
grossa nuvola copre la montagna, scende una nebbia fitta come quelle del
Polesine. La gara viene annullata. Restano
validi i tempi del giorno prima. (Sfigato).
“Non può finire così, vogliamo
ritornare ancora ad Erzberg per la rivincita”.
I tre non hanno vinto nessun premio e
allora gliene ho confezionato uno per ciascuno con i sassi prelevati dalla cava
di Erzberg.
L’amico(friend), lo sbadato(careless) e lo sfigato(unlucky).
