lunedì 28 dicembre 2015

Il mio "dream" genealogico



Tanto tempo fa, prima che arrivasse la civiltà moderna, in un piccolo villaggio del Mantovano nella pianura Padana, viveva una famiglia, padre e madre dai nomi profetici: lui Noè, lei Fortuna.
Erano due forti giovani che dal sorgere del sole al tramonto lavoravano con fatica e sudore la terra.  Si conobbero ed ebbero figli e figlie che crebbero in salute e prosperità.
Costruirono un cerchio con un ramo di salice e ad ogni figlio che nasceva vi fissavano una piuma d'uccello, un crine di cavallo, la lana di una pecora o una conchiglia. 
Mentre eseguivano l'operazione di fissaggio dell'oggetto al cerchietto di salice, chiedendo per il neonato forza e salute,  si esercitavano a costruirgli un sogno.
Le generazioni si sono succedute,  il cerchio è passato di mano in mano fino all'unità d'Italia quando poterono emigrare. Nell'attraversare il fiume Po su ad un'esile barchetta il cerchio cadde in acqua e la corrente lo portò lontano al mare. 
La nonna Matilde mi raccontava del suo bisnonno che aveva tramandato a suo figlio e a suo nipote di questo cerchio coperto di tanti oggetti simbolo:
"Le cose che vedi di notte si chiamano sogni".
L'altra notte mi è apparsa in sogno la mia nonna e mi ha fatto ricordare di quel cerchio. 
Ho preso del filo di rame ed ho incominciato ad avvolgerlo e per ogni avo un giro. per ogni giro una storia della mia memoria. 
Ho costruito un albero in un cerchio con radici e tanti rami, poi una gemma per ogni ramo e tante palline colorate a simboleggiare altrettante famiglie generate. 
 L'albero genealogico dei miei avi e dei sogni lo lascio a mia figlia Isabella affinché lo porti nel futuro.

Isabella -        
Marco -       
Fernando - Eliana
    Dario - Maria
          Matilde - Sigismondo
        Gaetano - Margherita
       Luigi - Antonia
         Noè - Fortuna


martedì 15 dicembre 2015

Nebbia e Vulcano




La nebbia del Val Padana a casa mia. (inutile dirvi che è la foto di sinistra)
Stanco della nebbia, che dura da troppo tempo, sono scappato in cerca di calore e guardate che cosa ho trovato: il più piccolo vulcano a mondo che si trova nell'appennino Tosco-Emiliano - Villaggio Monte Busca Tredozio è difficile trovarlo perché è nascosto da un cascinale abbandonato e pieno di erbacce. Individuato il cascinale si segue uno stretto sentiero di poche decine di metri ed ecco si scorge il fuocherello perenne alimentato da gas naturali.
Mentre la mia nebbia non sale agli irti colli, ne si sente urlare il maestrale che la potrebbe spazzare via; e di stormi di uccelli neri che vanno a migrare restano solo i miei pensieri nella noia ad aspettare l'apparire del sole.

giovedì 5 novembre 2015

100 anni dalla grande guerra

I RICORDI, 
VISTI CON GLI OCCHI DELLA PACE.

Tu Soldato di pace


100 anni son passati
e i ricordi,  in molti, si son sopiti. 
Hai posato la falce e il badile,
 e ti hanno messo in mano un fucile.
Dalla campagna sui monti  salivi
e di piombo sconosciuto morivi.
Ormai nessuno sa più,
per chi sei morto sulle Alpi lassù.
Solo un fiore sopra il sasso che Ti copre
spunta china il capo e tace.

Giovane, ma moriste in molti,
mentre andavate agli assalti.
Caduti sulla terra sanguinanti,
a rendervi uguali tutti quanti.
Ti hanno strappato la vita
e resti una pena mai sopita.
Il monte, testimone, ricorda e tace
la Tua gloria per la nostra pace.


venerdì 23 ottobre 2015

La natura aiuta

Una pianta di vite americana ha scalato un palo del telefono e guardate che cosa ha realizzato.
 Una figura con sembianze umane a guardia del mio kiwi.

sabato 26 settembre 2015

Kiwi - potatura verde

L'autunno è iniziato, le temperature sono in diminuzione.
Si tagliano i rami esterni delle piante per dar luce a i frutti.


Dopo i due anni senza frutta, causa un'abbondante e distruttiva grandinata,
Quest'anno le piante sono cariche di frutti con una buona pezzatura.
A fine ottobre la raccolta quando il rifrattometro indicherà che il grado brix è tra i 6/7 gradi.
Avrò bisogno di operai volontari per la raccolta.

sabato 19 settembre 2015

Scope e Tramonto

Nel tempo libero
Fabbrichiamo scope con i rami secchi delle palme e
guardiamo splendi tramonti.
 foto di Monica C.

lunedì 17 agosto 2015

Li be lu la


Li-be-lu-la.
Sembrano note di una una canzone.

Questa che ho realizzato è volata lontano, lontano in Australia.
A rallegrare le giornate di una giovane ragazza.

mercoledì 22 luglio 2015

Figli e il pesciolino


I miei figli durante il rito della liberazione del pesciolino in dell'Irlanda del Nord. 
La spiaggia è la Downhill beach - Demesne.

Ad ogni viaggio, all'estero, costruisco un pesciolino portafortuna in legno che deve essere messo in acqua prima del ritorno a casa. 
Chiunque lo ritrovasse è pregato di comunicarcelo.

sabato 18 luglio 2015

Il profumo del frumento



  Il profumo del frumento appena tagliato.
 In una limpida alba di giugno di tanti anni fa, nella campagna di un piccolo borgo che costeggia l’argine sinistro del fiume Po, due ragazzini poco vestiti, pantaloncini corti di tela e canottiera consumata, stavano seduti sul bordo  dell’aia davanti a casa loro.
La casa. Un grande fabbricato in mattoni rossi, che si intravvedevano da parti dell’intonaco qua e là staccato, era composto da tre stabili distinti: l’abitazione del fittavolo e del bovaro, una grande stalla con animali e un pollaio. Più staccati, un forno per cuocere il pane, il pozzo con carrucola, catena e secchio in ferro che serviva l’acqua per gli abitanti e per abbeverare gli animali e l’aia per essiccare il frumento.
 I due giovani erano fratelli e facevano parte di una famiglia più ampia. mamma, papà, nonna, uno zio del padre che accudiva alcune pecore e sua moglie che masticava tabacco. Altri due fratelli più grandi, nati prima della seconda guerra e “maturi” per il lavoro nei campi che svolgevano insieme ai genitori.
La famiglia del bovaro aveva una decina figli, praticamente uno ogni anno o quasi, tre di loro, due femmine e un maschio, avevano più o meno la stessa giovane età dei due e con loro ne condividevano i giochi.

Il sole non era ancora spuntato all’orizzonte e il cielo era di un grigio perla acceso con sfumature di rosa che ne annunciavano il sorgere. Si sentiva il frignio delle cicale tra il verde cupo dei rami e gli uccelli cantare al nuovo giorno.  Quello era un giorno speciale della vita campestre, un appuntamento al quale non si poteva mancare. Quella corte si stava, pian piano, popolando di gente. Dalla strada accanto all’aia si poteva scorgere qualche contadina che avanzava lesta in bicicletta e teneva, dentro alla sporta di paglia intrecciata, una falce a mano. Anche altri operai comparivano sempre più numerosi con su le spalle il ferro a falce e tutti vi giungevano e abbastanza freneticamente preparavano i loro attrezzi di lavoro.
I due ragazzini stavano seduti sul bordo dell’aia e arrabattavano faticosamente per indossare dei sandali. Erano stati fatti alzare dal letto bruscamente e stavano lì, mezzo addormentati, intenti a mettersi ai piedi questi strani oggetti. Oggi i calzari sarebbero stati indispensabili e la mamma era stata categorica: “bisogna indossarli”.  Gli altri giorni si poteva camminare scalzi da mattina a sera e con il numeroso gruppo di amici del borgo si faceva a gara a chi alzava più polvere strisciando i piedi a terra lungo lo stradone che porta al paese.
I sandali sono costituiti da una suola e da due pezzi di cuoio uno dei quali porta una  piccola fibbia dal lato esterno del piede dove si infilava la striscia di cuoio forata per adattarla e stringerla al piede.  
Si poteva vedere Giuseppe , il più piccolo, intento a sistemarseli con le sue piccole manine seduto sull’aia. Un piede a terra e l’altro sul bordo dove stava seduto. Teneva il capo chino ed avvicinava il ginocchio, della gamba interessata, fino a portarlo a toccare la spalla. Nessuno poteva vedere quel visetto serio e intento a quella “prova di manualità”.  Era stato Fernando, il maggiore, a finire per primo mentre Giuseppe, di pochi anni, era ancora intento a battagliare con la fibbia che non voleva proprio adeguarsi, nonostante il suo impegno.   A chi chiedere aiuto? Avrà pensato.   Il babbo era già nei campi con gli altri due fratelli. La mamma era indaffarata a sistemare gli attrezzi di lavoro e a preparare la colazione per la famiglia. Era una donna robusta nel pieno della sua forza fisica, di carattere buono, ma altrettanto decisa a non concedere vezzi ai figli.  Lei li voleva presto indipendenti e capaci di arrangiarsi a vestirsi da soli.   Sarebbe stato inutile chiamarla per farsi aiutare “già sapeva la risposta”.   Meglio chiedere aiuto al fratello di poco più grande che era li vicino.  Mentre stava per chiedere soccorso Fernando si alzò e, spalancate le braccia, gridò al fratellino: “vieni che proviamo a correre”. “Non ce la faccio - gridò il più piccolo - mi fanno male i piedi. Mi fa male ancora il piede che mi sono ferito ieri seguendoti sulla riva del fosso per andare a caccia di rane”.  Con una risatina, che mal celava un leggero sarcasmo per le difficoltà del più piccolo, Fernando gli si avvicinò fischiettando e sistemò la fibbia, nel far questo noto due lacrimucce scende da quei piccoli occhietti neri e un pochino se ne dispiacque.
Poi i due si misero a correre. Ma ecco uscire dal fienile il cane, che legato ad una lunga catena li fece inciampare e ruzzolare tutti e due a terra. I due si guardarono in faccia e visto che non si erano  fatti male si misero a ridere e pronti in piedi e via di nuovo verso i campi dove avanzavano con passo spedito i braccianti felici del lavoro che li attendeva.

Sì!  Oggi è (era) il 24 giugno si inizia la mietitura del frumento, che la nonna non voleva mai si iniziasse di venerdì altrimenti non si sarebbe concluso.
Il sole ormai illuminava la bionda messe e riscaldava l’aria mattutina che ben presto sarebbe diventata afa. I due erano bravi ragazzini che stavano conoscendo e imparando l’arte della mietitura.
Le spighe tagliate e legate in mazzi (faje), messe nei covoni a croce in attesa del trasporto verso la cascina per trebbiarle con la grossa macchina che appariva, ogni anno, come una macchia rossa in fondo allo stradone alberato di pioppi. La aspettavamo festanti sotto l’ombra del grande frassino.
Il frumento veniva messo ad essiccare sull’aia e noi a correre a piedi nudi e fare capriole e giochi da mattina a sera.

“All’improvviso è oggi”.

Cammino tra campi di grano appena tagliato è il profumo della paglia che mi ha risvegliato quel ricordo.  
E’ stato come aprire una scatola di tesori smarriti che avevo nascosto anni fa.
Strana la vita.
Quando sei piccolo il tempo non passa mai, poi, da un giorno all’altro ti ritrovi vecchio.
Basta un attimo, un profumo, un fiore, una farfalla, una rana che svelta salta nel fosso durante una passeggiata solitaria e se Tu lo vuoi, il ricordo si presenta limpido a farti rivivere il passato.

“Beato chi ha vissuto e può avere ricordi”.
Uno di quei due si è dovuto fermare bambino a soli nove anni.    
L’altro, finita la scuola, se n’è andato dalla campagna per tornare da pensionato a risentire il profumo della paglia tagliata e del  frumento. 
                                                                                                                                  FerMala