domenica 23 dicembre 2012

lunedì 17 dicembre 2012

Mariaci

Di ritorno dal Messico.
Se fai un viaggio e ti dimentichi di portare un regalino, non preoccuparti, te ne faccio uno quasi come fosse originale ....

giovedì 22 novembre 2012

Arredo Bagno


Design?  ecco le piacevoli scelte che arredano con stile gli spazi del bagno.
Rivive l' arte povera e il riciclaggio di materiali di scarto.
Pochi tocchi per piegare il ferro e fissarlo a riccioli realizzati a mano libera.
Cerchi che contengono bottoni di legno dove la figlia ha impresso margherite.

mercoledì 14 novembre 2012

La rota ad Po


14 novembre 1951la mia alluvione. “la rota ad Po”
 Ho, da poco meno di un mese, compiuto quattro anni. Da ore, da giorni, da settimane cade la pioggia e  tutto è fradicio, la vedo cadere copiosa, la sento battere sui coppi che coprono il tetto della nostra casa. Una grande fattoria con tutti gli animali che “usavano” quel tempo. Nella stalla un gran numero di vacche con i loro allegri vitellini. Due cavalli, galline, faraone, tacchini e due grossi maiali, che avevano il destino segnato da li a poche settimane. Completavano l’allegra compagnia un grosso cane lupo ed un gatto rosso. Il cane Leon, andava avanti e indietro sempre per lo stesso percorso, obbligato da un filo di ferro fissato tra la casa e la stalla dove scorreva la lunga catena che aveva attaccata al collo.                     
Nei volti e nelle espressioni della gente si intravvedeva tanta preoccupazione, frasi sottovoce, azioni preparatorie disposizioni che a quel tempo non capivo. “Il fiume Po minacciava di rompere gli argini”. 

La preoccupazione più grande era che ciò avvenisse a Ficarolo, dove il fiume fa un’ansa quasi ad angolo retto, in quel punto, la forza delle acque poteva rompere l’argine sinistro e riversare tutta la sua massa distruttrice verso la nostra casa.  Anche se distante qualche chilometro, il borgo di case era proprio sulla direttrice dell’eventuale corso d’acqua. La pioggia continuava a cadere abbondante. Tutti gli abitanti del borgo si stavano preparando al peggio ed avevano caricato le poche cose che possedevano sul carro, pronti per portarle in salvo sull’argine del Po.
Il mattino di lunedì 12 a mia sorella di undici anni erano state tolte le tonsille, all’ospedale di Santa Maria Maddalena ed era stata sistemata per la convalescenza da Ignazio, lo zio di mio padre, che abitava a qualche centinaio di metri dall’argine del Po.  Sistemata la bambina, mia madre ritornò a casa per preparare una leggera minestrina da portarle.  Era giunta ormai l’ora di pranzo a casa di Ignazio, la moglie , aveva già preparato per loro una pastasciutta condita con un ragù a base di salame, impietositi  dalla bambina che li guardava mangiare non si fecero scrupolo e ne fecero un bel piatto anche per lei, che incurante del proprio malanno mangiò, deglutendo a fatica i grossi pezzi di pasta e salame.    
La notte aveva fatto luna piena, la pioggia batteva con insistenza sui coppi e una luce tetra rischiarava di tanto in tanto il buio notturno.  Il 14 mattino si portarono tutti gli animali che si potevano sull’argine del Po.  Ho visto l’acqua schiumosa correre veloce trascinare alberi interi, il fiume era pieno fino all’orlo, sembrava che nel mezzo l’acqua fosse più alta della riva perché non si scorgeva la riva opposta, l’acqua limacciosa arrivava fin sopra l’argine, dove instancabili uomini continuavano a mettere sacchi riempiti di terra per fermarla.  Appena sotto l’argine spuntavano i  fontanazzi e bisognava correre subito a bloccare la fuoriuscita dell’acqua.  I nostri buoi erano legati con la cavezza al carro, dove i miei avevano disposto sopra un telone a protezione della pioggia, noi eravamo sistemati sotto.  Alla casa era rimasto Clemente, un altro zio di mio padre, a governare i pochi animali rimasti, lui aveva anche una decina di pecore sul fienile.  Nel pollaio avevano disposto delle fascine di legna dove i polli si sarebbero posati in caso di allagamento, mentre nel granaio erano state messe le faraone e i tacchini.  
Mia madre, era al sesto mese di gravidanza ed oltre a me aveva altri due figli quando le campane del pendente campanile di Ficarolo incominciarono a suonare a martello. “Il Po ha rotto l’argine a Bergantino”, la notizia risultò poi falsa, ma fu sufficiente per seminare il panico tra la gente “bisognava fare in fretta e rifugiarsi sugli argini perché l’acqua sarebbe arrivata da lì a poco”.  I miei due fratelli si trovavano a casa, quando la notizia si diffuse, mia madre tornò di corsa dall’argine del Po e iniziò a gridare da lontano per richiamare la loro attenzione affinché anche loro si mettessero al sicuro.
La sera di mercoledì 14, un grosso boato scosse la popolazione di Occhiobello: “Il Po ha rotto l’argine a Malcantone”. Fino al mare un’enorme distesa d’acqua. Sarà questa l’alluvione più estesa che possa ricordare l’Italia.  Prima l’acqua percorse in senso inverso i canali di scolo. Quello che avevamo dietro casa nostra aumentava di minuto in minuto la propria portata.  Il ponte, per arrivare a casa nostra, ne ostruiva il corso e l’acqua, come un in enorme getto spruzzava rumorosamente dalla parte opposta provocando un’enorme buca che rimase visibile per anni. Lo zio Clemente stava cenando quando sentì l’acqua bagnargli i piedi.  In fretta si spostò al piano superiore, dove stavano le faraone, guardava l’acqua salire di gradino in gradino alla fiocca luce della candela. Venne il giorno che la tempesta si fermò, smise di piovere e ritornò il sole. L’acqua era uscita quasi tutta dall’alveo del fiume, restava un piccolo corso che continuava ad alimentare l’enorme “lago Polesine”.  Il Po ora sembrava in una secca estiva.  Sull’ argine centinaia di persone con i loro fagotti di misere cose sistemate alla meno peggio. Acqua da tutte le parti, solo un lungo argine su cui eravamo naufraghi su ad una lunga isola, uniti a tanti altri disperati.  Eravamo riparati sotto il telone che d’estate copriva il frumento sull’aia. Ricordo i buoi, con le lunghe corna, a mangiare fieno. Poi il camion di mio zio Camillo, mia madre che con forza mi costringeva a salire insieme a mia sorella ed io che non volevo andare. Emisi, forte, due bestemmie, la terza non ebbi il tempo di pronunciarla perché mi arrivò una sberla di immane potenza che mi ruppe le labbra: “non ho mai più bestemmiato”.  Fui messo sul camion direzione Ferrara, da zia Fernanda, dove rimasi fino a quando le acque si ritirarono. Tornati a casa restavano le pulizie per liberare le stanze dall’acqua. Noi bambini stavamo sempre a giocare nelle pozze d’acqua, dove si trovava anche qualche piccolo pesce. I miei fratelli più grandi invece erano intenti a pulire la casa dal fango portato dall’acqua.
In quella grande casa avevamo un locale adibito a cantina, per accedervi bisognava scendere un paio di gradini.  Durante la piena le botti, piene del vino novello, si erano girate e spostate dalla loro sede, mio padre aprì la porta e dimenticando gli scalini ancora coperti dall’ acqua, fece un passo per entrare e profondò fino alla cintura. Ci mettemmo tutti a ridere, capimmo che il peggio era passato e che stava ritornando la tranquillità e l’allegria. Avevamo scampato il pericolo, si poteva ricominciare.

FerMala

                                                                                                                                 

lunedì 12 novembre 2012

Foto campestre



El paraíso esta en donde nosotros lo busquemos...

Il paradiso sta dove lo vogliamo trovare.

giovedì 8 novembre 2012

Messico

 Si parte per il Messico - "San Josè del Cabo - Cabo San Lucas"
... e non poteva mancare il mio pesciolino ad accompagnarmi, lo libererò nelle acque dell'oceano Pacifico appena più sotto del tropico del cancro.
Il pesciolino è un po' bruciacchiato quasi come i messicani, sarà più facile individuarlo.
..... attendo le vostre segnalazioni del ritrovamento.

Reggi mensola

Reggi mensola.

venerdì 2 novembre 2012

Voglio credere


VOGLIO CREDERE
Passano gli anni e coloro che se ne sono andati sono sempre di più.
Alcuni se ne sono andati quando avevano compiuto i loro giorni.
Altri troppo presto  senza lasciarci il tempo di rendercene conto.
Se guardo il cielo mi piace pensare che mi guardano: 
lo voglio credere.
Spesso li ricordo al mattino, la sera, la notte.
Quando guardo le stelle, sento una canzone, alla ricorrenza di una data, un luogo, un oggetto, un profumo di rosa o di un fiore, un arcobaleno, mi ritornano in mente persone con le quali ho vissuto, amato e giocato, come i mie due fratelli, i miei genitori e tanti amici .
Chi mi manca mi sta guardando dal cielo?
lo voglio credere.

giovedì 1 novembre 2012

Kiwi 187

Ho terminato la raccolta del kiwi, con frutti di grandi dimensioni.

Metodo pratico e veloce per maturare il frutto. 
Mettete alcuni kiwi insieme ad un paio di mele in un recipiente ben chiuso.
Dopo 4/5 giorni i frutti saranno maturi.
Le mele mature sviluppano un ormone vegetale, etilene, che a contatto con i frutti ne accelera la maturazione.
Il kiwi è maturo quando al tatto risulta leggermente tenero.



giovedì 25 ottobre 2012

Lampa-dario




Passeggiando per i canali del Polesine, ho trovato conchiglie che di così grandi non ricordo di averne mai viste in gioventù. Che fare? diamogli valore e mettiamole in bella mostra costruendo un lampadario. ... e adesso dove lo metto?

domenica 14 ottobre 2012

Kiwi


Tra una decina di giorni inizia la raccolta.
Quest'anno ottimi e abbondanti frutti
Chi viene ad aiutarmi verrà ricompensato con un abbondante cesto di kiwi.

martedì 4 settembre 2012

Isle of Man


Un altro pesciolino liberato nel fiume dell'isola di Man.
Chi lo trova è pregato di comunicarmelo ... grazie!

martedì 21 agosto 2012

Frutta succosa






La natura recita la sua poesia:
Mele, pesche, uva, prugne, zucche e una piccola rosa.

San Francisco


Addio a Scott McKenzie,

menestrello della musica della mia giovinezza.

Nell'estate del '67 con una chitarra acustica  addolcì i nostri giorni.
Il suo messaggio ... mettete dei fiori nei vostri capelli... non è stato raccolto.
La sua musica resterà per sempre.

giovedì 9 agosto 2012

Pesciolino


Un altro pesciolino di legno per Martina da liberare nel Piave.
Questo è l'ottavo che viene lasciato libero nelle acque dove viene fatta una vacanza.
La speranza resta di trovarlo sulle spiagge, di qualsiasi posto del mondo, o che qualche blogger mi scriva di averlo trovato, farebbe felice Martina e anche me.
Acque della sorgente del Piave - Sappada.
..vai pesciolino, 
impara a nuotare fino al mare 
dove qualcuno ti potrà trovare. 
è lì che io ti verrò a cercare.

lunedì 23 luglio 2012

Mieli

Millefiori, Tiglio, Acacia.
Tre tipi di miele con tre profumi diversi e delicati.

"questa non la sapevo"  Un apicultore mi ha suggerito di mettere nel congelatore il miele per conservarne il profumo. Ho fatto una prova con alcuni vasetti, il miele si è indurito, ma non cristallizzato. Attenderò dicembre per toglierli dal frigo, scongelarli e verificare se questo nuovo modo di conservare il profumo del miele risponde al vero.

martedì 17 luglio 2012

Appoggia sapone

Tre appoggia sapone in marmo di varie misure per tipi diversi di sapone.
Si appoggia sul lavandino.
Facile da usare, da lavare e ... diverso dai soliti.

Mietitura


MIETITURA.   
Dal mio diario – martedì 24 giugno del 1958.
... E’ l’alba, il sole non è ancora sorto, ma la sua luce sta scacciando il buio della calda notte, presto apparirà infuocato all’orizzonte e sarà giorno.
Cicale e grilli mandano i loro richiami, uniti a quelli di merli e passeri. Il gallo sbatte le ali e con tutto il fiato che ha in corpo manda ripetuti chicchirichì. Non c’è bisogno della sveglia del gallo per gli abitanti della fattoria.  Nella casa “al cunvent” è tutto un andirivieni di persone indaffarate. Si sentono ordini, si corre, si prendono gli attrezzi già pronti dal giorno prima.    
Oggi inizierà la mietitura del frumento, un evento importante per tutta la comunità.     
Sotto l’albero grande del frassino “frassan” alcuni uomini avevano piantato per terra  “la pianta” un grosso chiodo di ferro, con il martello, hanno battuto su quel ferro, la falce fienaia “fer da sgar” per renderla più tagliente. Le donne hanno preparato: la falce “sghet”, quello dell’insegna dei comunisti, e i “balzi” per legare i fasci di spighe di frumento “le faie”.
   Ieri alcuni mietitori hanno tagliato il frumento ai bordi del campo per permettere il passaggio dei mezzi meccanici.
Alle quattro una gran comitiva si avvia verso il biondo campo di grano. Nella rimessa “barchessa” adibita a ricovero degli attrezzi agricoli si procede a scaldare, con la bombola a gas, la camera di scoppio del Landini L25 “mutor”  con volano esterno. Il robusto mio fratello maggiore Raimondo, con un forte colpo al volano, fa partire il trattore a testa calda. Un grande fumo bianco e un intenso odor di nafta si sparge nell’aria, lenti e sempre più veloci e ritmici scoppi del motore rompono il silenzio mattutino. Mia sorella Ivana aggancia la segatrice meccanica “la sgadora” e insieme al fratello raggiungono gli altri.  Calata la barra falciante si inizia a tagliare il frumento. Con una manovra combinata l’operatore che sta sulla segatrice lascia libera una leva, tenuta dalla pressione del piede destro, poi con un largo forcone “pizza gal” lascia a terra il contenuto di una “faia” di frumento. Mio padre e mia madre sono insieme ai mietitori tutt’intorno al campo, appena transita il trattore e la segatrice, si adoperano a raccogliere il mazzo di spighe e a legarle con i balzi ricavati da un’erba lacustre “caret” che cresce sulle sponde dei fossi, viene  fatta essiccare, intrecciata a mano e annodata all’estremità. Le “faie” così prodotte vengono, delicatamente, allontanate per permettere il successivo passaggio “dal mutor e d’là sgadora”.
Il campo, a me, sembra sconfinato. Giallo e luccicante. Sono poco più alto delle spighe. Sento l’odore della paglia appena tagliata, cammino a piedi scalzi tra le “stoppie”. Vedo in aria le rondini che con volo radente cacciano qualche insetto, coccinelle “buarine”.  La grande distesa di frumento è interrotta solo dalla lunga fila di pioppi  “piope” dalle verdi chiome che stanno ai lati di uno stradone, che collega la fattoria  alla strada principale. L’alba è azzurrognola e l’aria è ancona fresca. Tutto il campo brulica di gente che segue il trattore e la segatrice, ognuno lavora con allegria e sveltezza, si fanno prove di forza, sembra non facciano fatica ad affastellare i covoni “crusete”.   Il sole è già alto, la lunga ombra dei pioppi si è ritirata vicino alla pianta, la polvere, secca la gola. Un ragazzino “fiol” con una sporta di paglia e due fiaschi, uno d’acqua preso alla pompa ed uno di vino annacquato, porge, ai mietitori perché ne bevano “ un mescul parchè iè sedià”.
Alle sette è finito il primo turno “quart” di lavoro ci si ferma per fare colazione “cazion” tutti mostrano gran appetito “sghissa”. Il bovaro “buar” fa abbeverare  “ all’albi” i buoi e con la frusta “scùria” aveva fatto sentire un paio di schiocchi in aria per ottenere la loro attenzione.
 I ragazzini giocano all’ombra “mussa, puli scena baccalà, maghin, s’cianco, lipa, cut”.
Si torna ad affilare i ferri del mestiere.
 Sul campo di frumento, la domenica delle palme, mio padre ci aveva piantato una semplice croce di legno, formata da due bastoncini di salice, con legato un rametto d’ulivo per scongiurare la grandine. Analoga operazione faceva mia nonna Matilde - bruciava alcune foglie d’ulivo benedetto quando i temporali minacciavano grandine (i più pericolosi –dicevano- provenivano dal Garda).  La mietitura non si doveva mai iniziare di venerdì, chi iniziava in quel giorno rischiava di non finirla.
Ora tutto il taglio si è completato, sul campo i covoni di “faie” raccolte a croce stavano lì come guardiani silenziosi del campo, in testa un’ ulteriore fascio “al gal” che nell’ombra della sera prendeva sembianze  umane. Stavano fermi pronti per essere caricati e portati, con carro e buoi, nel grande cortile per la trebbiatura.  L’indomani alcune donne, con i figli minori, sarebbero andate nel campo a spigolare (spigar).
…..Me ne andavo al mattino a spigolare Quando ho visto una barca in mezzo al mare: Era una barca che andava a vapore, E alzava una bandiera tricolore. ….“ricordi di scuola”.
Le spigolatrici portavano un sacco di tela legato ai fianchi, curve sul terreno prendevano le spighe cadute a terra durante la lavorazione di mietitura. Stendevano le spighe sull’aia le battevano con apposito attrezzo: due legni legati tra di loro da una pelle essiccata  di anguilla “varzela”. Per dividere il frumento dalla pula, lanciavano a ventaglio frumento e pula, con una pala, contro vento. Il frumento più pesante andava lontano e la pula restava dietro.
  Ed ecco là in fondo allo stradone una grossa macchia rossa che avanza, tutti i ragazzini saltellano felici e per vedere meglio si arrampicano sui rami del frassino. Davanti un fumante trattore lentamente la traina.   E’ la trebbia “Orsi” seguita dalla pressa “l’imballadora”.  A me l’imballatrice ha sempre fatto paura, con la sua ritmica ed inesorabile bocca di coccodrillo spingeva la paglia uscita dalla trebbia con forza dentro ad una corsia di forma rettangolare dove uno stantuffo la pressava. Ai lati due persone che si tenevano coperti, bocca e naso, dalla polvere con un fazzoletto legato al collo, legavano con il fil di ferro le balle di paglia "inguciar". Era compito di noi bambini attorcigliare e tirare il fil di ferro. Due operai con due  legni “angun” le portavano sul pagliaio “balara” dove noi ragazzini correvamo sopra e ci lanciavano al volo su cumuli di paglia.
 La trebbia veniva sistemata al centro del cortile. Il meccanismo veniva fatto funzionare da un trattore sistemato ad una decina di metri. Il collegamento tra le pulegge avveniva attraverso una grossa cinghia “zangion”.  Dalla parte alta gli uomini facevano entrare le “faie”, appositi setacci separavano il frumento dalla pula e dalla paglia. Forti uomini si caricavano i sacchi di frumento ed andavano a svuotarli sull’aia ad una ventina di metri. Il cumulo di frumento “mota” veniva successivamente disteso al sole per la finale essiccatura. La sera era di nuovo accumulato e coperto da un telo “tlon”. La notte si faceva la guardia per la paura di furti. Quand’era disteso toccava a noi bambini girarlo e rigiralo "spatzaz" con i piedi: erano giorni belli e giocosi, quanti “tuffi” sui cumuli di frumento. La sera pieni di polvere si andava nel canale di scolo a fare il bagno nell’acqua, a quel tempo, pulita.
Dopo qualche giorno di sole il frumento è pronto per il granaio. Mio padre (come l’uomo del monte) aveva affondato il braccio nel cumulo, preso una manciata e fatto scorrere tra le dita, ne aveva schiacciato, con i denti, alcuni chicchi. A voce alta aveva detto: “è pronto” . Il capo dei contadini prendeva una grossa pala “palon” e riempiva lo staro, circa 25 kg. Tre stari per ogni sacco. Caricato il sacco sulle spalle si saliva una scala fino al granaio  al secondo piano.
La sera, stanco mi sono addormento in braccio a mia madre.
Durante la guerra il grano era razionato e non lo si poteva commerciare o trasportare liberamente.
Mi raccontava Ahtos che, mentre trasportava con biroccio “buroz” e cavallo dei sacchi di frumento fu fermato da due carabinieri i quali gli chiesero cosa trasportasse. Con molta calma e indifferenza rispose: “smenza ad paia” e non disse “frumento”, che è la stessa cosa. Le guardie non compresero e lo lasciarono
passare.
                                                                                                                                      FerMala

domenica 15 luglio 2012

Olio essenziale

Ieri siamo andati alla raccolta della lavanda. Ho visto come si ricava l'olio essenziale.
Un olio profumatissimo ed è un vero tocca sana.  L'ho visto fare ed ho voluto copiare.
Ho preso una pentola a pressione, un tubo di rame, a due bottiglie di vetro ho tagliato, ad una il fondo, all'altra il collo e inserite una dentro l'altra.  Nella pentola ho messo, un litro d'acqua, inserita una griglia cuoci verdure per tenere sopra l'acqua i fiori di lavanda. Un fornello elettrico per produrre calore, dopo una decina di minuti inizia la distillazione, dalla serpentina esce un composto di acqua e olio l'acqua esce dal fondo in superficie resta l'olio essenziale. Si preleva con con una siringa e si mette in un piccolo contenitore con dosatore di vetro scuro. "è profumatissimo".
n.b. in erboristeria sarebbe costato molto meno.

sabato 7 luglio 2012

Kiwi - strage




Ho finito di diradare il kiwi. (varietà hajward)
Una strage di frutti, non conformi a quanto richiede il mercato. 
I frutti piccoli, deformi, appiattiti sono stati recisi e lasciati a terra. 
I rimasti avranno più spazio per crescere, belli forti dolci per deliziare il palato e... l'occhio.
Il kiwi è il frutto, delizioso, dell'actinidia, pianta dioica.
E' di origine cinese, dove cresce spontanea nella valle del fiume azzurro.
Il nome kiwi è stato dato dai neozelandesi che hanno preso spunto dall'uccello che vive e rappresenta la Nuova Zelanda.

mercoledì 4 luglio 2012

Porta l'"angoria"


 L'anguria o cocomero (Citrullus lanatus) famiglia delle cucurbitaceae è un frutto estivo che si gradisce fresco e in compagnia.
Vi presento uno dei miei "inutili" attrezzi il  porta  l' "angoria" 
... Tu porta l'anguria che ..... con un attrezzo così sarà più gustosa.

venerdì 29 giugno 2012

Raccogli fichi

Semplice ed utilissimo attrezzo, fatto in casa, per raccogliere i fichi più alti.

p.s. ... fate entrare il fico, da cogliere, nel barattolo dentato, spingere verso l'alto sino a quando il picciolo  entra nei denti taglienti, far girare e il fico si stacca.

mercoledì 27 giugno 2012

Fichi, beccafichi, S.G.B.

Ficus carica
Fichi fioroni
E' stagione di fior di fico le notti calde favoriscono la produzione dell'infiorescenza carnosa del fico.
Resiste bene alla siccità e ai terreni salsi e incolti, in particolare come apparato radicale di una pianta da clima semidesertico, le radici sono molto invasive, per cercare l'acqua possono penetrare negli scantinati e tubature. È una delle poche piante da frutta che resista senza problemi a climi aridi. D'inverno sopporta temperature attorno ai 10 gradi C°.


Beccafico (sylvia borin).  Ho notato che i fioroni piacciano anche a questo uccello dal delizioso canto. 

Il 24 giugno è il giorno di San Giovanni Battista. 
Da questa data (decollazione di S.G.B.)  si possono raccogliere le noci per preparare il nocino, tagliare le spighe di lavanda per essiccarle e confezionare sacchetti, raccogliere la menta ..... e tante altre operazioni di taglio.

.

Gazebo




Eseguito con la supervisione di mio figlio, che ha imposto l'architettura.
Utilizzati solo materiali di recupero e riciclati.
Lo stile non è ben definito, ma è funzionale.
"amici vi aspetto, quest'estate, a godere della frescura e della mia ospitalità"

lunedì 25 giugno 2012

Croce madreperla


Croce latina con forme di madreperla da conchiglie di fiume e di mare.
numeri:  4 – 7 – 12.
gli evangelisti, … i colli di Roma, ... gli apostoli.
Al centro il disco di madreperla da ostrica di mare.
 … il mare alimenta, (al contrario), i fiumi, i piccoli ruscelli, la singola goccia d’acqua, che è ognuno di noi.

seguo il giorno
che cammina,
incantato
dai suoni,
dalle luci,
dai colori,
dai riflessi.
Ho tutto.




Erzberg (amico, sbadato, sfigato)








Erzberg 2012 (Austria)
L’amico, lo sbadato e lo sfigato.
    Quando andavo a scuola e il prof. mi leggeva l’inferno di Dante, lo avevo immaginato come un grande imbuto. Una serie di cerchi che degradavano verso il fondo sempre più stretto ed ora ecco che, quell’immagine, mi appare dinnanzi … è la cava di ferro di Erzberg in Austria, scenario unico  al mondo per una durissima gara di enduro.
   E’ uno spettacolo unico che mi si è aperto agli occhi quando, dopo aver sostato la notte sul camper, fuori dalla cava, sono entrato, insieme ad una lunga fila di mezzi di ogni genere: caravan, camion, furgoni, fuori strada  ed altro ancora, tutti adibiti a trasporto moto da cross enduro con rider (piloti) a bordo. La notte era stata un susseguirsi di pioggia e di conversazioni telefoniche con gli amici che erano arrivati entro le 22, l’ora stabilita per accedere alla “collina” ed accamparsi per i quattro giorni del rodeo. Alle sette in punto, non un minuto di meno, la guardia, posta sull’incrocio che dava alla cava, ha iniziato a far transitare i mezzi. Il fango rosso scendeva con l’acqua dalla ripida strada sterrata che dava accesso alla collina. Tutti hanno fretta di raggiungere il loro posto per piazzarsi e sostare. Il nostro era stato recintato dai tre amici che erano entrati il giorno prima. Una decina di manovre per trovare il posto giusto: quattro camper, due di fronte ad altri due e tutti e quattro ad una distanza ravvicinata dai cessi. I cessi ogni quattro ore venivano svuotati da apposita cisterna mobile e l’odore, non certo buono, ti restava nell’aria per una decina di minuti.
Il giovedì si passa alla punzonatura delle moto, all’assegnazione dei numeri di gara e del transponder.  Venerdì mattino di buon ora tutti svegli, si fa colazione e ci si appresta alla vestizione dei piloti, poi tutti giù a prendere il via al cancello di partenza: ne parte uno ogni 10 secondi.
   La giornata è calda, le nuvole hanno lasciato il posto ad un sole caldissimo. Ci mettiamo  ai bordi della pista con macchine fotografiche. La gara inizia e insieme alle moto arriva la polvere di terra rossa che un lieve venticello spinge sopra di noi ed entra nelle nostre  narici, la polvere si accumula sulle facce e dopo pochi minuti sembriamo come truccati con il mascara. Dentro le narici si formano dei sassi che, dita esperte, di tanto in tanto entrano a liberarle… Quando il vento cambia e spinge oltre la polvere arriva l’odore delle pisciate fuori dal bagno che un po’ tutti fanno.  IL paddock è un campo multinazionale, tutti intenti agli ultimi dettagli per la messa a punto delle moto. Tutte le nazioni d’Europa sono rappresentate, si leggono sui numeri di gara nomi stranieri e nazioni anche d’oltre oceano. Ogn’uno si è ritagliato un piccolo spazio vitale. Siamo prigionieri dei mezzi del vicino come nel gioco dello shangai, non ci si può muovere se qualcuno non ti dà spazio. La sera è tutto un brulicare di fuochi accesi per la carne alla griglia.
    Siamo accampati a più di un chilometro dall’arena, da dove partono i piloti, con un dislivello di almeno trecento metri. “l’ho fatta un paio di volte e per poco non mi scoppiava il cuore” La pista, della grande montagna, arriva fino a 1.466 metri d’altezza, sul fondo dell’enorme imbuto un laghetto di acqua verde rame. I piloti partecipanti sono più di 1850.   Un raduno “biblico” che non ho mai visto di simile in vita mia. Sarà una gara durissima, dicono, “la più dura del mondo” e solo 500 dei 1850 iscritti potranno partecipare alla gara della domenica.
   Si parte per i due prologhi (Iron Road Prologue) del venerdì e del sabato. Una gara cronometrata sui 13 km circa. Bisogna andare forte tra i sassi, la ghiaia, la polvere e buche d’acqua che ancora persistono sulla pista dalla pioggia del giorno prima.
Come già detto, mi sono sistemato sul bordo della pista su ad una collina del materiale di scarto della cava: sassi e ghiaia. La distanza è tale che non si distinguono i motocrossisti, ci sarebbe voluto un cannocchiale. Scruto l’orizzonte per identificarli da qualche particolare, è difficile non scorgo nessuno. La macchina fotografica è pronta, faccio zumate inutilmente, non mi resterà nessuna foto.
   Qui inizia il mio personale e “tranquillo week end di paura”. Non ho visto passare Murdock 741, mentre altri due amici, Ronca 31 e Ghergio, alzano il braccio e salutano.
Lo sapevo, “lui” pensa alla gara, non vuole distrarsi per potersi piazzare tra i 500 e non vuole perdere tempo a salutare. Ha piazzato la telecamera sul casco per filmare il percorso. Dopo una buona mezz’ora arrivano tutti al paddock: lui no!  Mi dicono che ha rotto la moto era davanti a loro e quando lo hanno raggiunto ha fatto loro segno di proseguire senza fermarsi, era in piedi e stava bene.  Fingo impassibilità, ma ho una stretta allo stomaco. Passano i minuti, poi le ore e non arriva al campo. Ghergio, il biondo, è incavolato perché a poche centinaia di metri dall’arrivo ha sbagliato percorso, si è perso nella pista e non ha concluso la prova (sbadato).
Cerchiamo di avere informazioni dagli organizzatori, “i crucchi” non sanno niente, non si capisce niente, sono intenti a controllare, ma non danno informazioni. Vado su e giù dalla collina, una fatica boia, il sole spacca le pietre, l’afa e il caldo insopportabili.
Mezzogiorno. Non si sa ancora niente, chiediamo alla croce rossa, ma non hanno fatto ricoveri all’ospedale. Alle 13 vedo salire uno stralunato essere umano tutto sudato, una goccia per ogni poro, rosso cotto dal sole che avanza con passo lento ed incerto. Il cuore riprende a battere regolarmente. “Ho sbiellato” dice e chiede acqua,  la moto è a circa 5 chilometri, i commissari di gara non lo lasciavano andare.   Con gli amici nel tardo pomeriggio recupera la moto. Per lui l’Erzberg è finito.  Serata di imprecazioni e sfottò  addolcite da una buona salsiccia alla brace, vino clinton e birra. La mattina del sabato le nuvole coprono il cielo sulla pista e ora fa freddo. Uno dei suoi amici, Ronca 31 (amico), insiste per farlo correre al posto suo con la sua moto e con la sua identità. Murdock 741 è perplesso, ma alla fine accetta volentieri. Piove, mi copro con la cerata e ombrello. Sono ben appostato, ho chi mi farà il segno quando partiranno gli amici.   Una grossa nuvola copre la montagna, scende una nebbia fitta come quelle del Polesine. La gara viene annullata.    Restano validi i tempi del giorno prima. (Sfigato).
   “Non può finire così, vogliamo ritornare ancora ad Erzberg per la rivincita”.
   I tre non hanno vinto nessun premio e allora gliene ho confezionato uno per ciascuno con i sassi prelevati dalla cava di Erzberg.
L’amico(friend), lo sbadato(careless) e lo sfigato(unlucky).



sabato 16 giugno 2012

Lavanda



LAVANDA e lavandini
Nella foto due delle tre specie che posseggo.
Siamo nel periodo di maggior fioritura della lavanda e dei suoi ibridi “lavandini”.        .    
Il nome "lavanda" deriva dal fatto che questa specie era molto utilizzata  per “lavare” il corpo.
E’ una pianta che cresce spontanea nel sud d’Italia, preferisce terreni aridi e sassosi. I fiori di un azzurro pallido sono profumatissimi. Spesso le api vi fanno visita per raccoglierne il nettare. La sera strofinatevi dei fiori sul corpo, avrete meno possibilità di essere punti dalle zanzare.  Raccogliete i fiori, lasciateli asciugare all’ombra, poi confezionate dei piccoli sacchetti di stoffa da posizionare tra la biancheria, il suo delicato profumo vi accompagnerà per tutto l’inverno. La lavanda è l'elemento base per la preparazione dei pot-pourri per profumare la casa.
Esistono una cinquantina di specie di lavanda. A fine fioritura si deve potare eliminando gli steli fioriferi e cimare le piante.
“Percepire l’essenza dei colori, dei profumi  può far bene all'anima, perché è vita”.

martedì 5 giugno 2012

Ciliegie

Tanti piccoli cuoricini rotondi, rossi e dolci.
Tante, troppe ciliegie e poche foglie, il risultato sono frutti piccoli e poco succosi.
La ciliegia ha proprietà simili all'aspirina, ideale per tener lontano l'infarto.
Anche le ciliegie hanno il loro santo protettore è S. Gerardo dei Tintori si festeggia il 6 giugno a Monza.

sabato 12 maggio 2012

Actinidia fiori


E' iniziata la fioritura dell'actinidia chinensis (kiwi) varietà hayward. Prima i rami che sentono maggiormente il caldo delle belle giornate di maggio poi, in pochi giorni, anche tutti gli altri fiori sbocceranno e stenderanno il loro mantello bianco panna sotto le verdi e larghe foglie.
Il kiwi è una pianta dioica devono esserci piante femminili e maschili, almeno un maschio ogni sette femmine. I fiori femminili si distinguono perché sono disposti con spazi tra di loro, quelli maschili a grappolo. La pianta femminile va potata in inverno, mentre quella maschile dopo la fioritura a fine primavera (giugno).
Per l'impollinazione sono necessari gli insetti pronubi, le api, i bombi, ed altri insetti che portano il polline da fiore a fiore. Il polline del kiwi è molto secco e le api in genere non gradiscono perché difficile da accumulare sulle zampette posteriori. Un altro elemento che aiuta l'impollinazione è il vento che trasporta il polline dal maschio a femmina. Chi ha poche piante può usare il cotton fioc facendolo passare con delicatezza tra i fiori maschili e poi portarlo su quelli femminili.
Per una buona pezzatura del kiwi è necessaria una buona impollinazione.
I fiori emanano un delicato profumo.

Foto in alto fiori femminili, in basso fiori maschili.