Ogn'uno il suo lavoretto.
Una rosa a grandezza naturale realizzata in rame.
Padre, Madre e Figlia.
p.s. BELLE TUTTE E TRE
Ogn'uno il suo lavoretto.
Una rosa a grandezza naturale realizzata in rame.
Padre, Madre e Figlia.
p.s. BELLE TUTTE E TRE
La mietitura, primi giorni d’estate.
Chiunque sia nato o cresciuto in campagna sa che la più bella delle feste era la mietitura.
Quando i campi cominciavano ad essere dorati e il sole cocente alto nel cielo, era il tempo favorevole per tagliare il frumento.
Tutto il campo era un brulicar di gente indaffarata, ognuno con il proprio arnese per svolgere al meglio la mansione affidata.
Intorno a quel campo di grano i mietitori tagliavano gli steli di frumento, altri legavano con i balzi intrecciati di quella paglia di fiume che cresce spontanea lungo i fossi.
Si vedeva qua e là, la schiena curva d’un mietitore, la precisione nel tagliare gli steli e del posare delicatamente le spighe al suolo, avvolgendo con le braccia, per passarvi il balzo e legarle.
Terminata l’operazione di taglio e legatura delle faije, così le chiamavano al mio paese, venivano messe in covoni a forma di croce (crusete) con le spighe rivolte verso il centro. Il campo arso e polveroso, il sole cocente e il caldo torrido, la polvere che si appiccicava al sudore non fermavano l’allegria contagiosa dei mietitori.
Un ragazzino girava per il campo per portare acqua e vino annacquato per dissetare i lavoranti. I giorni successivi entravano le spigolatrici, donne e bambini a raccogliere le poche spighe rimaste.
Il giorno più atteso era quello della trebbiatura quando si separava il frumento dalla paglia. Un carro trainato da buoi portava nella corte i fasci di frumento. Una grande trebbia rossa azionata da un rumoroso Landini con una grossa cinghia avrebbe provveduto a separare il frumento dalla paglia.
Per il gran caldo e la polvere, i contadini si riparavano come potevano, con un cappello di paglia e un fazzoletto al collo. Altri si caricavano sulle spalle i sacchi per scaricarli sull’aia dove i ragazzini a piedi scalzi provvedevano a distenderlo e prepararlo all’essiccazione.
Questi sono i ricordi che escono dalla bocca dei nostri padri e nonni, che ci raccontano di quei giorni in cui si lavorava duramente ma, si era felici.
Felici perché non tutti gli anni il raccolto andava bene e quando si mieteva significava frumento e quindi pane.
Ancora oggi, rivivo quei giorni lontani, dei primi giorni d’estate di un bambino che camminava scalzo tra i chicchi di frumento …